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8 DICEMBRE - SOLENNITÀ DELL'IMMACOLATA - L'OMELIA DELL'ABATE MAURO LEPORI

 

L'omelia di Padre Mauro Lepori durante la Santa Messa solenne 8.12 alle ore 10.00

 

Solennità dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria

Canobbio, 8 dicembre 2019

 

Letture: Genesi 3,9-15.20; Efesini 1,3-6.11-12; Luca 2,26-38

 

“Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,3-4)

 

Ascoltare questa parola di san Paolo dopo il racconto della Genesi sul peccato originale ci aiuta a guardare al male che c’è in noi e nel mondo, a tutto quello che sperimentiamo di negativo nella nostra vita e nella storia, dentro un orizzonte più grande, positivo e luminoso. È vero che il male c’è, che il peccato è entrato nel mondo, che la sofferenza e la morte fanno parte dell’esperienza umana, ma non dobbiamo pensare a tutto questo senza ricordarci che, prima e al di sopra di tutto, Dio Padre “ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo” e “in lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità”. C’è una benedizione di Dio che precede tutto il male che possiamo fare o subire, e c’è un disegno buono del Padre su tutta l’umanità che precede la creazione del mondo e vuole compiersi ora e oltre la fine del mondo che passa.

 

Nel racconto del peccato originale che abbiamo ascoltato, Dio non maledice l’uomo e la donna che hanno disubbidito, ma il serpente, colui che li ha indotti a tradire la benedizione che il Creatore aveva pronunciato su di loro fin dal primo istante della loro esistenza: “Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: ‘Siate fecondi e moltiplicatevi…’.” (Gen 1,27-28)

 

La benedizione di Dio è la bellezza e bontà della nostra vita, è lo sguardo di amore con cui Dio ci crea a sua immagine e somiglianza. Dio maledice il serpente perché ha voluto distruggere questa bellezza originale. Ma quello che il serpente non sapeva è che la benedizione del Padre è sempre più grande del peccato dell’uomo.

 

Tutti noi facciamo esperienza di un riflesso di questo amore del Padre quando pensiamo alle persone che amiamo. Un figlio può farne di tutti i colori, ma l’amore dei genitori viene sempre prima e va oltre tutti gli errori e le cadute in cui il figlio possa incorrere. Gesù Cristo è venuto ad annunciarci, o meglio, a mostrarci che il Padre ci ama e benedice prima di tutto e oltre tutto, fosse pure il male supremo di mettere in croce il suo Figlio unigenito. Gesù è l’incarnazione di questo amore del Padre che viene prima di tutto e sorpassa tutto, di questo amore del Padre che si chiama “misericordia”.

 

È importante però che questa verità non rimanga una teoria, ma diventi un’esperienza nella nostra vita. La fede non è credere a delle teorie, a delle dottrine, ma credere in un avvenimento che trasforma il nostro sguardo sulla vita e la vita stessa. A cosa servirebbe sapere che siamo amati prima di tutto e al di là di tutto se questo non diventasse un’esperienza che illumina e trasforma la nostra vita, i nostri rapporti, il nostro modo di lavorare, di stare in famiglia, di vivere tutto? A cosa servirebbe sapersi amati da Dio prima e al di là di tutto, se questo non ci aiutasse a porci con fiducia di fronte al male e alla sofferenza che sperimentiamo, di fronte alle prove della vita, e anche di fronte alla morte?

 

La Madonna ci è donata proprio per provarci che vivere così è possibile. Che la benedizione del Padre, che rende bella e felice la vita nonostante tutto, è un’esperienza possibile. Possibile anche per noi, perché tutto quello che Dio accorda alla Vergine è proprio perché sia possibile donarlo a tutti.

Maria è Vergine per accogliere tutto da Dio, ma è anche Madre per trasmetterci tutto quello che le è donato. Per questo, quando sentiamo l’angelo Gabriele dirle esultante: “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te!”, dobbiamo rallegrarci anche noi, perché quella pienezza di grazia e di compagnia del Signore è destinata a noi, è data alla Madonna perché l’accolga senza riserve e la doni a noi.

 

La pienezza della grazia e la compagnia del Signore hanno un nome: Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo per liberarci dal peccato e dalla morte. L’angelo spiega a Maria che la gioia a cui l’invita è tutta concentrata nel dono del Figlio di Dio: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo”.

 

Non sono promesse riservate alla Vergine, ma per tutta l’umanità. La grazia che Maria trova presso Dio è per poter dare alla luce il Salvatore del mondo. Per questo il popolo di Dio ha sempre amato la Madonna con gratitudine, perché lei per prima ha amato tutta l’umanità accogliendo in nome di tutti il Redentore del mondo. Solo Cristo ci salva, ma senza la libertà della Vergine nel consentire a questo dono, Gesù non sarebbe venuto nel mondo.

 

Maria però ci insegna una cosa fondamentale: ci insegna cosa vuol dire essere liberi di fronte a Dio. Noi siamo deformati da un’idea di libertà che consisterebbe nella scelta di quello che vogliamo noi. Maria ci insegna invece che la nostra massima libertà sta nella scelta di quello che vuole Dio. Perché Maria, al contrario di Adamo ed Eva, riconosce che Dio ci vuole bene, vuole il nostro vero bene, il bene più grande che si possa immaginare per l’uomo: essere come Dio, essere pienamente immagine e somiglianza di un Dio che è amore infinito. Per questo, l’obbedienza della Madonna non è strascicata, non è contro voglia. È invece un’obbedienza piena di desiderio. L’angelo le parla con entusiasmo di quello che avverrà in lei e attraverso di lei; è cosciente che quello che Dio chiede all’uomo è solo di accogliere una grazia immensa, che neppure gli angeli ricevono: perché Dio ha scelto di farsi uomo, non di farsi angelo.

 

Maria, contagiata da questo stupore dell’angelo di fronte ai disegni di Dio, è con desiderio ardente che chiede: “Come avverrà questo?”. Non chiede di capire, non chiede di essere capace lei, non chiede che un altro essere umano la aiuti in questo; chiede che questo avvenga, al di là e al di sopra delle sue forze e capacità. L’angelo per tutta risposta le dice che Dio farà tutto, che lo Spirito Santo opererà tutto, e come prova non dà una teoria, ma un avvenimento già avvenuto che pure desta stupore di fronte all’agire di Dio per l’uomo: che la sua parente Elisabetta ha concepito un figlio nonostante la vecchiaia e la sterilità. Per questo è con altrettanto entusiasmo o stupore che l’angelo Gabriele aggiunge: “Nulla è impossibile a Dio!”.

 

Per questo, anche l’ultima parola di Maria, quella con cui consente a che tutto avvenga, non dobbiamo ascoltarla come se l’avesse pronunciata con rassegnazione, ma con un desiderio ardente di innamorata, con una passione piena di gratitudine: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola!”.

 

La pienezza della libertà che Maria ci insegna è quella di consentire a Dio con desiderio, con stupore per quello che opera e vuole operare per noi, con un’impazienza infantile che tutto si compia, perché quello che deve avvenire è la cosa più bella che possiamo sperimentare: Gesù Cristo che viene a salvarci vivendo con noi, in noi, fra noi, mostrandoci che veramente la nostra vita è benedetta dal Padre da sempre e per sempre!

 

Fr. Mauro-Giuseppe Lepori

 

Abate Generale OCist


Ricordiamo don Leone Lanza

Ricordando Don Leone Lanza,

nostro Parroco dal 1973 al 1985

 

Ci è giunta inaspettata in questi giorni la notizia del decesso, avvenuto a 87 anni, di Don Leone Lanza che fu nostro parroco, il 17.o, e membro della nostra comunità parrocchiale dal 1973 al 1985.

Don Lanza era nato nel 1931 a Predore, una minuscola località bergamasca sul lago d’Iseo, posta su quel breve spazio di terra, costretto tra il lago che la lambisce, ed a ridosso dell’impervia cresta rocciosa che lascia solo poco spazio al passo. Si può dire che Don Lanza rifletteva l’ampiezza di quel meraviglioso spettacolo che si apre oltre il lago, per la generosità con la quale dispensava i doni propri della Sua missione.  Ma conservava anche quel carattere fermo, che gli derivava dalla severità dei monti della Sua infanzia e dalle fatiche dei Suoi che li praticavano, come ricordava, che è dentro in ogni buon bergamasco.

Venne destinato a Canobbio nel 1973 dal Vescovo Mons. Martinoli e vi rimase 12 anni per poi essere destinato nell’altra ancor più impegnativa missione di Coldrerio.

«Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza divina e dalla sua bocca si viene a cercare l’insegnamento della legge perché egli è il messaggero del Signore...» (Malachia 2.7). Don Lanza ha interpretato bene questo messaggio da noi, seminando e facendo germogliare abbondanti semi, sparsi con molta umiltà, unita a sapienza, benevolenza e cordialità. Ma lo vogliamo ricordare anche per essere stato particolarmente premuroso nel conservare e trasmettere le nostre tradizioni religiose.

I parrocchiani di Canobbio, che hanno avuto la grazia di averlo avuto come Parroco, lo ricorderanno e gli saranno perennemente grati.

Graziano Gianinazzi

 

già presidente del CP    


RICORDANDO DON LEONE …

Parroco di Canobbio dal 1973 al 1985.

 

All’età di quasi 87 anni, si è spento nella casa di riposo Opera Charitas a Sonvico Don Leone Lanza.

Una casa di riposo che sebbene curato amorevolmente e ben accudito gli andava stretta, perché Don Leone aveva voglia di fare, di celebrare la Santa Messa, di incontrare la gente, di scrivere poesie.

 

Nel nostro ultimo incontro, pochi mesi orsono, dopo una sua malattia, esprimeva tutta la sua vitalità, che non si fermava ai bei ricordi di anni passati assieme, con momenti di vita in comune, ma si progettavano incontri per sottolineare i suoi sessant’anni di sacerdozio, la sua presenza all’inaugurazione della nuova casa parrocchiale, dove malauguratamente non poté essere con noi per indisposizione, ma anche una capatina al grotto, perché a Don Leone piaceva la convivialità.

 

Per noi ricordare Don Leone significa andare con il pensiero alla nostra gioventù, alla vita parrocchiale di allora e all’attività scautistica.

 

Per Don Leone l’attività pastorale significava stare con la gente, con il suo modo bonario, il suo cuore aperto alle necessità della comunità tutta, era una presenza rassicurante nel paese.

La sezione scout gli permetteva di incontrare i ragazzi e i giovani fuori dalla formalità, partecipava alla vita scautistica in modo discreto ma sempre presente, entusiasta e disponibile, pronto a dare quell’importante sostegno fatto di esempio e buoni consigli che completavano la nostra attività alle volte condizionata dall’esuberanza giovanile.

Quanti bei ricordi vissuti nei campeggi a contatto con la natura, nelle serate piene di entusiasmo sotto le stelle…

 

Nelle ricorrenze che scandivano l’anno liturgico e nei giorni festivi della comunità parrocchiale eravamo con lui, ci lasciava organizzare le feste, (nella parte più mondana), si fidava: era nato un rapporto di fiducia e di stima che si è mantenuto intatto negli anni.

 

Grazie Don Leone per gli anni passati con la nostra comunità, per il tuo buon cuore che negli anni passati assieme alla nostra gente hai donato a Canobbio.

 

 

Robi, Cech, Jechi


8.12.2017 - l'omelia di Padre Mauro Lepori

Solennità dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria

Canobbio, 8 dicembre 2017

 

Letture: Genesi 3,9-15.20; Efesini 1,3-6.11-12; Luca 2,26-38

 

In [Cristo, il Padre] ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carit
à,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo” (Ef 1,4-5)

 

In queste poche righe, san Paolo esprime la vocazione straordinaria, incredibile, di ogni creatura umana. Ci dice perché esistiamo, qual è la causa profonda del nostro esistere e il fine per cui ci siamo. Prima della creazione del mondo, prima che ognuno di noi esista, il disegno di Dio su di noi è già questo. Dio, creando ogni uomo, non ha preso dellargilla per vedere cosa sarebbe saltato fuori man mano che la modellava. Ci ha formati con un disegno preciso, sapendo benissimo cosa voleva, il perché e il fine di questa creatura.

 

E qual è questo disegno? Con che intenzione il Signore delluniverso ci ha creati, e ci crea ad ogni istante? Se leggessimo le parole di san Paolo con attenzione, rimarremmo senza fiato: ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi”.

Cosa vuol dire questo? Essenzialmente una cosa: siamo creati per essere immagine e somiglianza di Dio, e questo “di fronte a Lui”, non come una fotografia che è immagine di qualcuno che non è più di fronte alla fotografia, ma direi come uno specchio vivente che solo stando di fronte alla presenza della persona, del volto, può rifletterlo, riprodurre la sua immagine viva. Noi siamo creati per essere noi stessi rispecchiando il volto del Padre, così come si manifesta nel Figlio suo Gesù Cristo.

 

Questa immagine, questo riflesso vivo in noi di Dio, è possibile solo ad una luce molto speciale, una luce che permette di riflettere solo Dio, di essere immagine solo di Dio. Questa luce è l’amore, la carità, perché “Dio è amore” (1Gv 1,16), e in Dio l’amore è nello stesso tempo l’immagine e la luce che permettono di riprodurre in noi il suo Volto. Senza questa luce, l’immagine di Dio non si può riflettere in noi. Dio è santo, Dio è immacolato, Dio è purissimo. Ma è solo la carità che ci permette di riflettere la santità e purezza di Dio in noi: possiamo essere santi e immacolati di fronte a lui solo nella carità”.

 

Cosa vuol dire “nella carità”? Significa che l’immagine di quello che Dio è, si può riprodurre in noi solo dentro una relazione di amore con Lui. È un po’ come il sorriso fra una mamma e il suo bambino: nel bambino il sorriso è un riflesso del volto della mamma che gli sorride, e questo riflesso si imprime in lui, diventa espressione del suo volto, perché fra la mamma e lui passa l’amore. Se un bambino guarda il sorriso di una donna su un cartellone pubblicitario, non riflette questo sorriso, perché esso non è portato, non è trasmesso da un amore, da una confidenza di amore.

 

A tutto questo dobbiamo pensare per capire chi siamo, per capire qual è il nostro volto, perché esistiamo, e qual è il nostro compito fondamentale nella vita, qualsiasi cosa facciamo, qualsiasi vocazione o professione abbiamo. E tutto questo è importante per capire il significato della Vergine Immacolata per il nostro cammino.

 

Maria è senza peccato. “Sine labe”, c’è scritto in marmo anche nella cappella della nostra Madonna Immacolata – che ora che giro il mondo, vi assicuro che è la statua più bella che esista. Essere senza peccato, senza macchia originale non vuol dire che la Madonna porta un vestito pulito, mentre tutti noi altri essere umani lo portiamo sporco. Essere senza peccato originale è una qualità straordinaria nel rapporto con Dio. Nel rapporto fra Maria e Dio non c’è assolutamente nessuna ombra, nessuna increspatura. Si potrebbe dire che in Maria il sorriso paterno di Dio si riproduce senza un attimo di diffidenza. Sul volto di Maria si riflette senza ombre il Volto buono e santo di Dio. Se Maria, al saluto dell’angelo, rimane turbata, non è perché diffidi del Signore o abbia paura di Lui. Rimane turbata perché l’angelo le parla delle sue qualità, della grazia che le è data, e non capisce come le si possa parlare bene di lei stessa, perché per lei solo Dio è santo e buono. È come se dicessimo ad un bambino di due anni: Che bel sorriso che hai! Lui ci guarderebbe stupito, non capirebbe cosa vogliamo dire, perché per lui il sorriso bello è solo quello della mamma, e neanche si rende conto che lo sta riflettendo, che il sorriso della mamma è diventato il suo.

Tutto nella Vergine Maria riflette Dio, è riflesso trasparente del volto di Dio, del cuore di Dio, dell’amore di Dio, della santità di Dio. E per questo, in Maria vediamo quello che Dio ha voluto e vuole realizzare in ogni creatura umana. Sì, veramente: “In [Cristo, il Padre] ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo”.

 

Dopo il peccato originale, il Signore Dio scese a passeggiare nel giardino dell’Eden. Non è sceso per godersi la frescura, o gli alberi e i fiori: cerca l’uomo: “Adamo, dove sei?”. Non lo cerca come la polizia cerca un bandito: lo cerca per stare con lui, per stare in sua compagnia, perché, appunto, lo ha creato per questo.

E qui appare la conseguenza essenziale di ogni peccato: al Dio che lo cerca perché desidera stare con lui, Adamo risponde che ha paura, che solo sentire la sua voce lo spaventa: “Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto” (Gen 3,10). È come se il colpevole fosse Dio, se il cattivo fosse Lui. Pensate che dolore sarebbe per una mamma se il suo bambino, al suo sorriso, rispondesse con una smorfia di paura, se si mettesse a piangere ogni volta che la vede, come davanti al volto di un estraneo. Il peccato ha prodotto questo nel cuore dell’uomo. Il sorriso del volto buono del Signore non si riflette più sul volto dell’uomo, e la conseguenza è che l’uomo così non sa più sorridere con amore ai suoi simili. Infatti, Caino ha cominciato, per invidia, a guardar di traverso suo fratello Abele, fino ad ucciderlo (cfr. Gen 4,3-8).

 

Come si può redimere questa diffidenza, questa tendenza del cuore umano a sentire estraneo il volto del Signore, a fuggirlo, allora che l’uomo non esiste che per questo, che per riflettere in sé il volto buono di Dio?

La risposta è nel Vangelo che abbiamo ascoltato, il Vangelo dell’Annunciazione: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo” (Lc 1,31-32).

 

Dio, per ridarci di “essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” si pone di fronte a noi in un modo straordinario, che non avremmo mai immaginato: si fa uomo, diventa per noi un volto umano, un sorriso umano, una voce umana. E in Maria e attraverso di lei questo avvenimento ci viene incontro, entra nella nostra vita, viene a guardarci, a parlarci, ad amarci. Maria, come poi la Chiesa, è lo strumento e il segno del volto buono di Dio che viene a cercarci fino a prendere posto di fronte a noi, nella nostra vita di tutti i giorni. E lì, proprio lì, Gesù si mette a guardarci, si mette a sorriderci, si mette a parlarci come un amico. Perché Lui sa che se rispondiamo, se ci stiamo a questo rapporto di amore semplice con Lui, semplice come il rapporto fra una mamma e il suo bambino, Lui sa che se ci stiamo, diventiamo noi stessi, diventiamo noi stessi riflettendo il suo Volto, diventiamo “santi e immacolati di fronte al Padre nella carità”.

 

Quando guardiamo una bella immagine della Madonna, come il volto della nostra Immacolata, non dovremmo limitarci a dire: Che bella statua! Oppure: Che bella doveva essere la Madonna! Dovremmo invece dirci: Come si diventa belli, umanamente belli, quando si guarda Dio in volto, quando non si ha paura di incontrare lo sguardo, il sorriso, di ascoltare la parola di Gesù Cristo! Come si diventa belli quando non si ha paura di vedere Gesù nei nostri fratelli e sorelle, soprattutto chi ha più bisogno del nostro amore, magari nella nostra famiglia, sul luogo del nostro lavoro, o incontrando la gente anonima per strada! Come si diventa belli, quando da Maria impariamo che il segreto della santità e purezza della nostra vita è di aprire gli occhi ad una Presenza piena di amore che ci sta già guardando, che è già qui a guardarci, a chiamarci per nome, piena di desiderio di riflettersi in noi!

 

Certo, tutto questo, come per la Vergine, è una grazia, una pienezza di grazia. Ma è appunto per questo che tutto è possibile, perché è opera di Dio.

 

Allora anche noi possiamo aprirci a questa grazia con l’umiltà di dire: “Eccomi! Sono qui, sono qui perché questa grazia avvenga, accada anche per me! Non voglio più nascondermi come Adamo ed Eva. Ho fiducia che anche per me basta levare lo sguardo al Volto sorridente e buono che sta guardando con desiderio la mia vita, il mio cuore, la mia miseria, fin da prima della creazione del mondo, per farmi figlio di Dio come Lui nel dono dello Spirito Santo!

 

Fr. Mauro-Giuseppe Lepori

 

Abate Generale OCist


Discorso del Sindaco in occasione dell'entrata in parrocchia di Don Tommaso

06.09.2015 - Discorso del Sindaco in occasione dell'entrata in parrocchia di Don Tommaso

 

Mo. Reverendo don Tomasz,

Caro Don Tommaso,

 

il più caloroso benvenuto a Canobbio da parte dell’autorità che rappresento con i miei colleghi di Municipio, (oggi ben rappresentati assieme al segretario).

 

Benvenuto anche a nome della cittadinanza tutta.

Canobbio è un paese che si sta sviluppando, con ca. 2300 anime attualmente ed è ancora in crescita.

Per la comunità civile, rappresentata dal Municipio è un onore e un piacere poterla accogliere nel nostro paese.

La cittadinanza e per essa l’autorità si sono sempre dimostrate aperte e collaborative con il Parroco e con il Consiglio Parrocchiale, una collaborazione che ha permesso di tessere ottimi rapporti, tant’è che a tutt’oggi con il consenso di tutte le forze politico-partitiche il parroco è in buona parte stipendiato dal Comune.

 

Una realtà che pochi Comuni Ticinesi possono vantare, e che la dice lunga sui benefici che la stessa porta alla comunità tutta.

 

 Per meglio capire, il significato di questa scelta del Comune, prendo a prestito e sintetizzo le parole del Cardinale Carlo Maria Martini, il quale sosteneva che:

“  la politica è la più alta tra le attività umane, quella che cerca di porre in atto le condizioni per il vero bene e il vero progresso di tutti, quindi la libertà, la libertà di coscienza, di religione, consapevoli che la fede spalanca gli orizzonti di Dio e dell’eternità; la politica si accontenta degli orizzonti storici, ma entrambe tendono al bene dell’uomo. E pertanto non c’è contraddizione.

 

Il Parroco, come ben Lei sa caro Don Tommaso, è sempre più chiamato a un impegno che va aldilà delle funzioni liturgiche, una presenza che è vicinanza con i parrocchiani e la comunità, stare assieme alla gente, nelle scuole, con i giovani che tanto hanno bisogno, nelle famiglie, con gli anziani, nei momenti d’incontro di festa, di gioia come di dolore che la vita ci riserva.

 

Un compito che sappiamo richiede molte energie e tanta pazienza, disponibilità e apertura d’animo: in questo è sicuramente aiutato dalla fede in Dio, ma le assicuriamo anche tutto il nostro appoggio e la collaborazione fattiva per il bene del nostro paese.

La comunità è una sola, va mantenuta unita nel rispetto delle diversità che ogni cittadino porta in se. L’unità nella diversità porta armonia, questa dobbiamo assieme cercare.

 

Sappiamo che il Consiglio Parrocchiale sta allestendo i progetti per la ristrutturazione della casa parrocchiale, siamo sicuri che con gli interventi previsti la stessa, dopo la chiesa che è casa di preghiera, potrà diventare casa d’incontro e di accoglienza per la comunità parrocchiale.

 

Caro Don Tommaso, l’incontro, che il Comune di Canobbio anche attraverso le sue molte associazioni ha sempre privilegiato, è la strada migliore che le permetterà di inserirsi, con l’aiuto dei parrocchiani, in breve tempo nella nostra comunità.

 

Siamo sicuri che Canobbio troverà presto un posto nel suo cuore e le diamo il più caloroso benvenuto.

 

Roberto Lurati sindaco Canobbio.

 


Discorso del Presidente del Consiglio parrocchiale in occasione del saluto ufficiale a Don Pierino Cavalleri

04.06. 2015 - Discorso del Presidente del Consiglio parrocchiale in occasione del saluto ufficiale a Don Pierino Cavalleri 


Dopo tanti anni di permanenza presso la nostra comunità Don Pierino ha deciso di lasciare la nostra Parrocchia e di ritirarsi, non assumendo un nuovo incarico ma restando a disposizione per eventuali servizi.

È arrivato a Canobbio alla fine di Agosto del 1985 dopo aver amministrato la parrocchia di Airolo. Da una realtà di montagna a una realtà di città due culture che pur appartenendo alla stessa terra, il Ticino, hanno comunque tante differenze.

Si è integrato nella nostra realtà di paese, il suo carattere forte e determinato, a volte ha creato un qualche diversità di vedute con alcuni di noi, però tutti abbiamo sempre apprezzato quanto di buono ha fatto.

Ha partecipato con l’incarico di assistente spirituale all'attività della sezione scout frequentando pure diversi campeggi, chi ha partecipato alla Santa Messa al campo scout ha potuto vedere immagini inedite di Don Pierino alle prese con

campeggi della nostra sezione scout.

Le sue omelie, sempre relazionate alla parola di Dio letta nella Sta Messa, ma anche attente alle circostanze, hanno sempre dimostrato una grande preparazione e una particolare sensibilità.

Insegnante della catechesi nelle nostre scuole elementari e per un lungo periodo anche nella scuola media, membro del Tribunale della Curia per le cause di separazione.

30 anni sono, di fatto, un ricambio generazionale, don Pierino ha battezzato, fatto prime comunioni, cresimato, sposato e quindi ribattezzato i figli, ha vissuto nella nostra comunità gli ultimi 30 anni e di cambiamenti ce ne sono stati tanti, anche il paese e la sua gente.

Da sempre particolarmente vicino alle persone che soffrono, un lavoro dietro le quinte che solo quelli che sono stati assistiti e il Buon Dio possono quantificare.

Con don Pierino sono stati fatti tanti lavori nella Parrocchia; i più importanti li potete vedere proprio qui, nella nostra chiesa parrocchiale: I lavori di restauro del 1985 con il rifacimento completo dell'interno, il ritinteggio, a seguire il nuovo organo, strumento che ha dato lustro alla nostra chiesa con il quale, oltre alla normale liturgia della santa messa, sono stati

eseguiti innumerevoli concerti, da ricordare almeno il più importante l'intera opera di Bach; il mosaico sulla facciata come pure la pittura di San Siro realizzate da fra Roberto; l'interno della chiesa con le sue nuove vetrate; le nuove campane; la sistemazione dell'impianto di riscaldamento; il rifacimento della copertura della sagrestia ... !! Oggi possiamo dire che abbiamo una bella chiesa parrocchiale completamente rinnovata. Non dimentichiamo infine la cappellina di Lourdes, che nel frattempo è diventata proprietà della parrocchia.

Queste sono le opere visibili che sono state realizzate durante la senza di don Pierino a Canobbio.

È stato membro attivo del consiglio parrocchiale di Canobbio ricoprendo per anni la carica di segretario.

Che dire ancora di don Pierino ?

Il 29 di maggio ha festeggiato il 50mo di ordinazione sacerdotale, Lui come sempre è schivo a questi festeggiamenti, in pochi lo hanno saputo, però questa volta lo posso annunciare in modo ufficiale ... La sua grande amicizia con l'emerito Monsignor Vescovo Pier Giacomo Grampa ha fatto sì che lo stesso visitasse tante volte la nostra parrocchia, nelle più svariate occasioni, per citarne una l'inaugurazione delle nuove campane, e tante altre feste della nostra comunità parrocchiale.

Oggi vogliamo ringraziarlo tutti assieme per quello che ci ha dato e per quello che ci lascia e contemporaneamente augurare a lui tanti anni di serena quiescenza. E da come lo conosciamo non sarà sicuramente una vita di ozio ma sempre al servizio della comunità! A Don Pierino in segno di riconoscenza e gratitudine abbiamo pensato di regalare un'opera eseguita da un artista Rumeno Nicolae Man, si tratta di un’Icona che rappresenta la Madonna. 

Francesco Degiacomi, Presidente del Consiglio parrocchiale